Ci ha scritto un simpaticissimo amico, proponendoci
questo splendido racconto che vogliamo condividere con gli ospiti
del nostro sito internet, per renderli partecipi del piacere che
abbiamo provato nella lettura di questo brano. Un sincero
complimento a Rocco e un invito a visitare il suo sito internet per
leggere altri piacevoli brani come quello riportato di seguito.
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www.roccochinnici.it
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IL PAESE DELLE FAVOLE
Tanti, sono i paesi che offrono ai visitatori cose stupende: grandi
cattedrali, scorci di strade ciottolate dove ancora regnano archi in
calce e
pietra "viva", alti castelli mezzi diroccati, dove nidificano gazze
e corvi
chiacchieroni; musei che ospitano vecchi arnesi e oggetti contadini.
ma,
nessuno di questi paesi riesce ad offrire favole. Belmonte Mezzagno
è forse
l'unico paesino a non avere monumenti stupendi, anzi, a pensarci
bene credo
che di monumenti non ne abbia proprio, ma ha il meraviglioso dono di
sapere
donare favole. Basta entrare in una viuzza del centro storico, in
una di
quelle stradine dalle case basse e tinteggiate da colori stupendi
che subito
si sentono i muri narrare le loro storie.
Osservavo, impietrito, il muro del davanzale di una vecchia
finestra, di una
di quelle case abbandonate, e il colore azzurrognolo, come quello
del mare,
mi trasportò negli abissi più profondi. Giù mi accorsi di essere un
altro,
diverso, non sentivo il peso dell'acqua schiacciarmi, anzi, ero come
sospeso
in aria, come se volassi. Mi toccai le gambe, le braccia, fin'anche
il viso,
e m'accorsi con stupore d'esser desto. Vedevo, in quell'azzurro
profondo,
una valle incantata: vasti prati fioriti, dai colori stupendi e un
rigagnolo
d'acqua che scendeva lento da pendii rocciosi, formando tantissime
cascatelle e dando musica ad un melodico gorgoglio che mi trascinava
sempre
più lontano. M'accorsi di un albero che sovrastava la valle; mi
avvicinai e
vidi che aveva degli strani frutti. sembravano sorbe; sì, proprio
così,
sorbe. Tanta gente era lì indaffarata a raccoglierne grosse
manciate.
qualcuno prendeva il frutto e lo metteva in bocca assaporandoselo.
- Che frutto è, signore? - chiesi ad uno dei tanti.
- E' il frutto del senno! - Mi rispose
- Lo assaggi - continuò, - diventerà saggio, sapiente quanto lo è un
vecchio
di sopra i cent'anni.
Cercai di toccarmi ancora. sì, ero sempre sveglio, e lo ero perché
i miei
occhi stavano ancora fissando quel bel vecchio colore stinto del
davanzale
di quella decrepita finestra.
- E' una pianta meravigliosa, sa? - Continuò quel tizio con in bocca
quello
strano frutto.
- Viene gente da paesi molto lontani per assaggiarlo e divenire
saggio. Il
piccolo borgo di case ancora più a valle è conosciuto in tutto il
mondo, si
chiama Belmonte Mezzagno, Belmonte, perché è circondato da questi
bei monti,
e Mezzagno. sa che non ricordo bene, signore? E questo ruscello che
lo
attraversa, arricchisce perenne la valle; i fiori, di notte si
levano per
andare a bere e lei, se vuole, può stare qui a sentire il suono del
silenzio.
Rimasi meravigliato, mentre quello continuava.
- Si, signore! Perché. quando il silenzio è profondo, se ne sente il
rumore.
D'un colpo pensai d'esser proprio sott'acqua, mi sentivo inzuppato.
Era solo
un acquazzone, un capriccioso acquazzone che si trovò di lì a
passare e mi
colò come un pulcino appena uscito dal guscio; poi ebbi un sussulto
di
paura. niente, era solo un gatto inzuppato che m'investì passando
per
cercare riparo attraverso uno di quegli usci socchiusi. Anch'io
cercai
riparo più avanti, sotto uno di quei balconcini in ferro con una
lastra di
marmo come base, e quella lastra sembrava proprio spaccata a metà;
mi misi a
guardare quella fenditura e, come d'incanto, eccomi ancora in quella
valle;
solo che non sembrava per niente fiorita, i prati erano diventati
aridi e
brulli, non sentivo il gorgoglio dell'acqua. niente, anch'essa era
scomparsa, cercai la pianta e non riuscivo più a trovarla.
"Strano!" esclamai, eppure il posto era questo. E la gente? Non
c'era più
nessuno! Non avevo a chi rivolgermi per avere notizie. Provai a
scendere più
a valle, al borgo di Belmonte, e m'accorsi di un vecchietto,
sembrava l'
unico superstite, era seduto su di una vecchia panca, lo guardai e
vidi che
era intristito, gli chiesi perché quel posto era divenuto
melanconico.
- Deve sapere, - mi disse con calma e con parole d'una saggezza
d'altri
tempi - che un giorno arrivarono in questa valle sette briganti,
figli delle
sette sorelle che abitano a monte della chiesetta della Madonna dei
poveri,
"la grotta delle sette camere" sette sorelle, figlie di mamma Drago
che
aveva sette teste; questi briganti, armati di grosse spade,
colpirono la
pianta del senno; più colpivano e di più essi diventavano
trasparenti, tanto
che non riuscirono più a vedersi. Distrutta la pianta, fermarono il
sapere.
In questo posto, nessuno, volle più tornare.
Dei briganti solo la risata si sente, una cavernosa risata che ogni
notte di
luna piena assorda la valle ed incute timore i pochi rimasti ad
abitare
questo piccolo borgo. Solo una volta l'anno, nel mese di Agosto,
quando la
luna è al suo ultimo quarto, le sette sorelle scendono a valle, qui,
in
questo posto dove prima regnava la pianta, e aspettano di vedere
passare i
loro figli incatenati l'un l'altro da una malìa; vanno errando per
il mondo
in cerca di pietà; solo quando il bene supererà di molto il male che
hanno
fatto, torneranno ad essere uomini "vivi", solo allora la pianta
riprenderà
a germogliare e a produrre quel piccolo frutto del sapere; solo
allora tutto
tornerà ad essere come prima. solo allora.
La campana della chiesa suona l'Ave Maria trascinandomi fuori dal
piccolo
borgo; il sole è da poco tramontato e si vedono i comignoli fumare;
nell'aria si sente l'odore di caldarroste, mentre la nebbia scende
lenta,
incappucciando la cima dei monti e avvolgendo in un fascino
misterioso
questo piccolo paese delle favole.
Rocco
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